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sabato 15 novembre 2008

Rinnovabili: firmato l'accordo tra GSE e Corte Costituzionale

La convenzione si ispira ad analoghi modelli già definiti dal Gestore dei Servizi Elettrici ed è solo l’ultima di un lungo elenco

La promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica sono alla base di varie intese definite dal Gestore dei Servizi Elettrici in questi ultimi tempi. L’ultimo accordo in materia risale a questa mattina ed è stato firmato con la Corte Costituzionale. La convenzione nasce dalla necessità della Consulta di collaborazioni nel settore del risparmio energetico e dello sviluppo delle energie alternative, per promuovere progetti di riduzione dei consumi e di realizzazione di interventi per l’efficienza energetica da attuare presso le proprie sedi. Al GSE il compito di fornire all’Amministrazione attività di consulenza e assistenza tecnica e giuridica per l’ottimizzazione della gestione energetica e il contenimento delle relative spese e l’avvio di appositi corsi di formazione riservati al personale. La notizia arriva solo a poche ore dall’annuncio di un altro protocollo d’Intesa siglato dall’ad del Gestore dei Servizi Elettrici, Nando Pasquali, e dal Presidente di Legacoop, Giuliano Poletti, presentato in occasione del Convegno ‘Generazione distribuita: soluzioni per il risparmio energetico e l’utilizzo degli incentivi per la produzione di energie rinnovabili’. L’accordo di durata triennale, anche in questo caso affida al GSE attività di supporto per la diffusione della consapevolezza sui temi dell’energia prodotta da fonti rinnovabili ed attività di consulenza per l’accesso agli strumenti di incentivazione. Inoltre il Gestore affiancherà Legacoop nell’elaborazione di studi e approfondimenti finalizzati alla definizione di Linee Guida per l’utilizzo di fonti pulite e per il risparmio energetico da parte delle imprese cooperative, ed anche in eventuali iniziative di promozione e diffusione delle best practices già sviluppate dalle singole imprese cooperative o da Legacoop.

Fonte: rinnovabili.it

LA MACCHINA AD ACQUA

Ciao a tutti girando per intenet ho scoperto come costruire la macchina ad acqua facendo delle semplicissime modifiche al motore dell'auto.
Il sito che parla di tutto questo è: http://www.runyourcarwithwater.com/

Il sito è in americano, penso che non sia un problema, si capisce immediatamente di cosa si parla.

La MACCHINA AD ACQUA E' UNA REALTA'.

Fonte: Francesco Piazza

venerdì 14 novembre 2008

Risparmio energetico: al bando le lampadine ad incandescenza


Le lampadine incandescenti sono cambiate poco da quando Edison oltre un secolo fa le inventò, il 90% dell'elettricità che le alimenta viene sprecata sotto forma di calore.

L'Italia ha fissato al 1° gennaio 2011 la data del bando dal mercato, ma alcune catene della grande distribuzione organizzata - in primis Leroy Merlin, Coop e Ikea - hanno espresso la volontà di rimuovere questi prodotti già dal 2009 e dal 2010. Nel frattempo anche il gruppo Castorama è in fermento per levare le incandescenti dai propri scaffali entro la seconda metà del 2010.

Leroy Merlin, che eliminerà le lampadine incandescenti già dal 30 giugno 2009, continua a stare un gradino sopra i suoi concorrenti. La decisione di Castorama è l´ennesima conferma che è possibile mandare in pensione la tecnologia superata, a favore di scelte amiche del clima. Invece Esselunga è l´unico tra i maggiori rivenditori di lampadine in Italia a non aver fatto alcun passo concreto verso l´eliminazione di prodotti dannosi per l´ambiente e per le tasche dei consumatori. Difatti, le lampadine ad alta efficienza permettono di risparmiare l´80% di energia, denaro ed emissioni di gas serra rispetto alle tradizionali incandescenti.

Sempre più paesi nel mondo decidono di mettere al bando le lampade a incandescenza, tra gli ultimi si segnalano Nuova Zelanda e Spagna. Con la messa al bando delle lampadine incandescenti l´Italia potrebbe diminuire i consumi elettrici di 6 miliardi di KWh all'anno, quindi riduzione delle emissioni in atmosfera di CO2 per circa 3 milioni di tonnellate e benefici economici per i consumatori pari a circa 1 miliardo di euro.

Sostituire le vecchie incandescenti con nuove lampade fluorescenti compatte in una casa italiana permetterebbe di risparmiare circa cento euro l´anno sulla bolletta dell'energia elettrica. I rincari nei prezzi di petrolio e gas devono essere un motivo in più per non lasciare i buoni propositi solo sulla carta.

Le lampadine sono solo l'inizio di una rivoluzione energetica basata su efficienza energetica e fonti rinnovabili. Passare a sistemi di illuminazione ad alta efficienza è una delle misure più semplici ed economiche per limitare i danni all'ambiente e all'economia mondiale.

Notevole rilievo ha avuto la campagna dell'associazione Green Peace "Bando alle incandescenti", in seguito alla quale è stata redatta la classifica "Scelte illuminate" che mostra l'impegno della grande distribuzione a rimuovere le lampadine incandescenti dai propri scaffali.

Fonte: Ambiente energia

venerdì 6 giugno 2008

Il futuro del fotovoltaico nostrano

Entro pochi anni il fotovoltaico in Italia potrebbe raggiungere la competitività energetica con le altre fonti. Sarà questa la vera risposta alla ventilata stagione del nucleare.

Nel momento in cui anche in Italia si è riaperta la questione nucleare, occorre evitare che la controversia si riproponga più o meno negli stessi termini degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Allora si è combattuta un’autentica guerra di religione, come è noto conclusasi con la fuoriuscita dell’Italia dal nucleare senza però che questa scelta si traducesse nello sviluppo delle rinnovabili. Si può anzi affermare che, mentre ad esempio la Germania a partire dal 1991 varò normative che hanno sostenuto in modo continuativo ed efficace lo sviluppo delle nuove fonti rinnovabile (e il Giappone non è stato da meno), l’ultimo decennio del secolo scorso rappresentò per l’Italia un periodo di provvedimenti insufficienti e contradditori (si pensi alla legge 9/91 da cui è scaturito il CIP 6), inefficaci (come la legge 10/91), di continui stop and go (in realtà più stop che go). Insomma, un periodo sostanzialmente negativo per le rinnovabili, che ha contribuito non poco a ridimensionare e in qualche caso a distruggere quel tanto di presenza industriale che faticosamente il sistema Italia era riuscito a creare.Solo negli 2000 si è gradualmente messo a punto un quadro di riferimento normativo sufficientemente organico, i cui primi frutti si incominciano ora a vedere. Quadro di riferimento che attende di essere completato con il varo di un certo numero di decreti attuativi previsti dalle leggi 222/07 e 244/07, e, per quanto concerne la promozione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di calore e freddo, anche dal decreto legislativo 311/06.

Ciò che va garantito per il futuro delle rinnovabili è quindi innanzi tutto la stabilità del quadro di riferimento messo così faticosamente a punto, condizione che ovviamente comporta anche l’intangibilità dei criteri attraverso i quali si è deciso di finanziare il loro sviluppo. Una garanzia necessaria non ai fini di una difesa corporativa di posizioni acquisite, ma per salvaguardare le prospettive energetico- ambientali del nostro paese.

Non esistono infatti altre soluzioni in grado di consentire all’Italia di realizzare gli obiettivi in materia già fissati o in corso di definizione in sede europea. D’altra parte basta l’aritmetica elementare per rendersi conto che anche nell’improbabile ipotesi di un ritorno “soft” del nucleare in Italia, i tempi tecnici richiesti per la sua implementazione impedirebbero di ottenere un solo kWh da tale fonte entro il 2020. Va innanzi tutto ricostituita all’interno dell’APAT una struttura professionale in grado di valutare un impianto nucleare sotto il profilo della sicurezza e dell’impatto ambientale (almeno 3-4 anni per la selezione e il training del personale); tale struttura, una volta operativa, dovrà esaminare le singole proposte di realizzazione di impianti nucleari, compito che per la sua complessità non è esauribile in tempi contenuti (nella nuclearissima Francia ci vogliono due anni per licenziare un impianto); la costruzione e il commissioning dell’impianto, come dimostrano i dati statistici degli ultimi decenni e quanto si sta verificando sui due impianti in costruzione in Finlandia e in Francia, richiedono almeno otto anni. Nella migliore delle ipotesi a partire da oggi come minimo ci vogliono insomma 13-14 anni, sempre che si riesca parallelamente a risolvere problemini come l’identificazione di un sito idoneo allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi e la sua successiva realizzazione, e di siti tecnicamente e socialmente in grado di ospitare un impianto nucleare.

Per rispettare gli obblighi al 2020 assunti a livello europeo, la priorità va quindi assegnata al programma di sviluppo delle rinnovabili, così come è esposto nel position paper del governo italiano. Ad esso non può dunque mancare il necessario ossigeno normativo e finanziario. In altri termini, con riferimento alle recenti dichiarazioni di Enel e di Edison (il nucleare è in grado di produrre energia elettrica a costi inferiori dei cicli combinati a gas) va chiarito se le valutazioni di queste imprese includono nel computo anche voci come gli oneri per la gestione dei rifiuti radioattivi o il decommissioning. Se questi o altri costi fossero esclusi, a parte le riserve che è legittimo avere verso un’opzione tecnologica che dopo più di cinquanta anni dall’entrata in esercizio del primo impianto per reggersi ha ancora bisogno dell’intervento pubblico, dovrebbe essere subito chiarito a quanto ammontano le risorse necessarie per finanziare le attività non a carico delle imprese, e dove lo stato intende reperirle, fermo restando che esse non devono andare comunque a detrimento di quelle, prioritarie, da destinare allo sviluppo delle rinnovabili. Considerazioni analoghe valgono ovviamente per le attività di ricerca.

Perché una posizione come quella sin qui espressa sia credibile, va però data una risposta convincente anche alle ormai frequenti accuse alle rinnovabili di costare troppo. Uno dei più recenti interventi in tal senso, oltre tutto di grande impatto per l’autorevolezza dell’istituzione da cui proviene, è la relazione tenuta all’ultimo Solarexpo da Marco Pezzaglia, della Direzione Mercati dell’Autorità per l’energia. Obiezioni di questa natura e di questo peso non sono liquidabili con degli anatemi. Occorre invece serenamente e razionalmente confrontarsi non tanto con le conclusioni raggiunte da siffatti lavori, quanto con le ipotesi di lavoro assunte. Le analisi e i calcoli portati a supporto della tesi “le rinnovabili costano troppo” assumono infatti uno scenario “a bocce ferme”. Ipotizzano cioè che di qui al 2020 non ci siano riduzioni dei costo in nessuna delle tecnologie oggi incentivate. Il che non è: per motivi professionali ho potuto leggere le analisi di due importanti istituzioni finanziarie internazionali, volte a indicare ai clienti dove investire nel settore energetico. Ad esempio per paesi europei favoriti in termini di irraggiamento solare, come Spagna Italia Grecia, entrambe concordano nell’individuare appena dopo il 2010 la soglia di competitività per l’energia prodotta da installazioni fotovoltaiche integrate nell’edilizia rispetto a quella erogata dalla rete. Eppure si tratta della tecnologia oggi maggiormente lontana dalla competitività. Prospettive così favorevoli non possono però essere utilizzate per fare di ogni erba un fascio. I successi, quelli prevedibili o già in essere (si pensi all’eolico), obbligano semmai a un’analisi attenta e severa di quali sono le tecnologie in grado di raggiungere in tempi ragionevoli costi di mercato (inclusivi di quelli ambientali) e quali viceversa non presentano analoghe prospettive. Proprio per contrastare con efficacia la tesi delle rinnovabili troppo costose non si può infatti sfuggire all’esigenza di abbandonare la logica alla lunga perdente, secondo la quale “tutte le tecnologie per le rinnovabili sono uguali e vanno ugualmente difese”, a favore dell’orwelliano “alcune sono più uguali di altre”. Questo salto di qualità è realizzabile ricorrendo a un technology assessment per le fonti rinnovabili realizzato da un pool di esperti internazionali che, sulla base di parametri condivisi (fra cui in primis le potenzialità intrinseche di miglioramento delle singole tecnologie nei contesti per loro più appropriati), consenta di quantificare in modo convincente l’effettivo impegno finanziario richiesto nei prossimi anni, individuando per ciascuna tecnologia l’orizzonte temporale oltre il quale presumibilmente potrà camminare con l’unico ausilio delle proprie gambe. E, quando ritenuto necessario, ridimensionando eventuali opzioni che fossero state inserite fra quelle incentivabili in modo grossolano e affrettato.Insomma, per le nuove rinnovabili l’acquisizione della maturità tecnico-economica non può prescindere da un preventivo adeguamento paradigmatico da parte del mondo scientifico e imprenditoriale impegnato nello loro sviluppo, il quale deve convincersi che la partita delle rinnovabili non la si vince moltiplicando i no al nucleare, e alzando ogni volta di più la voce, ma se si è capaci di contrapporgli le soluzioni più credibili e di più agevole attuazione.

Fonte rinnovabili.it

"Roma per Kyoto" a Dublino

Moderne strategie per fronteggiare il cambiamento climatico

Si è tenuto a Dublino il seminario "Greenhouse gas emissions. The challenge for local government", per promuovere la diffusione dei risultati del progetto "RomaperKyoto" in partenariato con l'Irlanda, di cui la capitale italiana è capofila.


Il protocollo di Kyoto si traduce per i 163 paesi, tra cui il nostro, che lo hanno sottoscritto, in una lotta contro l’inquinamento e per il miglioramento dell’aria che respiriamo al fine di raggiungere una riduzione complessiva dei gas serra.

Il principale gas serra è l’anidride carbonica (Co2) (rilasciata nell’atmosfera soprattutto quando vengono bruciati rifiuti solidi, combustibili fossili, legno e derivati del legno) , che rappresenta l’85% del totale dei gas serra in Italia.

L’effetto serra è determinato dalla capacità dell’atmosfera di trattenere sotto forma di calore parte dell’energia solare e si verifica perché i gas serra immobilizzano il calore della superficie terrestre riscaldata. E’ dunque un fenomeno naturale, che permette al nostro pianeta di mantenere una temperatura media di 15°C contro i –19°C che si raggiungerebbero in assenza dei gas serra.

Tuttavia immissioni massicce di questi gas alterano il clima e sono dannose per l’ambiente, poiché provocano un aumento eccessivo della temperatura globale con cambiamenti devastanti per il nostro ecosistema.I principali gas serra da tenere d’occhio, sono l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto, in aggiunta al vapore acqueo, nonconsiderato tra le maggiori componenti in quanto, le emissioni originate da attività umane, sono estremamente piccole se paragonate a quelle enormi di origine naturale.

L’Italia ha firmato il protocollo di Kyoto il 30 maggio 2002 e la sua entrata in vigore è stata realizzata il 16 febbraio 2005. Intanto le cose sono peggiorate.Per contrastare tale dinamica, l’impegno costante dell'Amministrazione Comunale e dell’Assessorato all’Ambiente si è concentrato totalmente sull’avanzamento del progetto Roma per Kyoto.

"Romaperkyoto", ricorda l'assessore capitolino all'ambiente Fabio De Lillo, a Dublino in rappresentanza del Comune di Roma, è un progetto co-finanziato dalla Commissione Europea (Direzione Generale Ambiente) nell'ambito del programma Life sulla riduzione dell'inquinamento a livello locale.Roma per Kyoto andrà avanti fino al 30 settembre 2008, finanziato al 50% dalla Comunità europea, e per la restante parte dal Campidoglio e dai sei partner del progetto: Provincia di Roma, RomaNatura, RomaEnergia, Enea, Atac spa, Institute of Technology Tallaght, Ireland. Il totale dei finanziamenti ammonta a 2,3 milioni di Euro.

Finalità del progetto, per quanto riguarda Roma, è la stesura di un piano d'azione che consenta alla capitale di rispettare gli obiettivi del Protocollo di Kyoto.Si tratta di tagliare del 6,5% rispetto al 1990 le emissioni di gas serra, entro il 2012.In altri termini, circa un milione di tonnellate di CO2.

Il prossimo appuntamento, per condividere insieme alle altre 26 Capitali Europee i risultati conseguiti dal Progetto, è per il 18 e 19 settembre 2008.
Fonte edilizia2000.it

giovedì 5 giugno 2008

PUGLIA: VIA LIBERA IN COMMISSIONE A REGOLAMENTO IMPIANTI BIOMASSE

Bari, 4 giu - Le Commissione consiliari Industria e Tutela del territorio della Puglia, in seduta congiunta, hanno esaminato il regolamento per la realizzazione degli impianti di produzione di energia alimentata a biomasse, ed all'unanimita' hanno espresso parere favorele. Il regolamento, nel rispetto della disciplina nazionale, comunitaria ed internazionale vigente, e' finalizzato a promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di energia. Favorisce l'applicazione della recente normativa di riforma del sistema di incentivazione delle energie rinnovabili e nello specifico della produzione di energia elettrica dalle biomasse agricole locali, promuove lo sviluppo di impianti alimentati da biomasse in particolare di origine agricola e forestale prodotte localmente. Il provvedimento, inoltre, tende a velocizzare le procedure autorizzative per l'installazione di impianti di produzione di energia alimentati a biomasse e ad individuare gli indicatori di sostenibilita' agro-ambientale ed economica. I componenti delle commissioni si sono soffermati sui criteri per la localizzazione di impianti alimentati a biomassa e soprattutto sulla compatibilita' con gli strumenti di pianificazione generali e settoriali d'ambito regionale e locale, sull'utilizzo delle tecnologie disponibili, sull'adozione di sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni in atmosfera e sulla coerenza del piano di approvvigionamento rispetto alla localizzazione dell'impianto. In particolare, e' stato inserito il termine di sessanta giorni entro cui i comuni interessati devono esprimere il parere nacessario alla localizzazione dell'impianto. L'assessore regionale, Michele Losappio, ha fatto propri i rilievi presentati in commissione, riservandosi di esaminarli in sede tecnica e di apportare al testo le modifiche suggerite.

''Anche sulle biomasse - ha dichiarato Losappio - la Regione interviene con indirizzi regolamentativi, ponendo fine ad una situazione di ''fai da te' e favorendo lo sviluppo della filiera agricola corta''.

Fonte asca

EOLICO OFFSHORE. In Molise potrebbero essere utilizzati 292 chilometri quadri

CAMPOBASSO. Ci sono 11.686 chilometri quadri nei mari italiani per l'eolico offshore che potrebbero fornire nel 2020 2000MW. Secondo il documento presentato dal governo italiano al Parlamento europeo in Molise poterebbero essere utilizzati 292 chilometri quadri.

Nei prossimi cinque anni l'offshore italiano dovrebbe raggiungere 500 MW. Se i risultati della sperimentazione saranno positivi il progetto proseguira' istallando la prima turbina a due pale di 2,5 MW cui seguiranno altre 23.